Volge al termine uno dei festival di Cannes più attesi, con il cartellone più ricco degli ultimi anni. Troppe aspettative, forse, per poi scoprire che il programma, probabilmente, era stato compilato come un album di figurine e molti grandi maestri invitati (nessuno scandalo, non c'è un festival che non lo faccia) a scatola chiusa.
Così le belle sorprese sono arrivate dagli outsider, a partire da Jacques Audiard, che ha regalato una lezione di cinema con Un prophète. O da A l'origine, forse il film che potrebbe mette-re d'accordo tutti, una favola dura, romantica e visionaria, su un uomo che ha perso la strada e, letteralmente, la ritrova. Una critica economica e politica al sistema capitalista attuale, in cui castelli di carte possono crescere sulla speranza degli ultimi e per le tasche dei primi.
Del resto, dei favoriti solo l'ottimo Vincere di Marco Bellocchio non pesca nell'attualità, ma nella storia (rifugio sicuro, ma metafora del reale, come lo è il fantasy nero e geniale di Terry Gilliam in The imaginarium of Dottor Parnassus). Loach in Looking for Eric racconta un padre solo, sopraffatto dalla vita, working class hero che cerca consolazione e consiglio in uno come lui che ce l'ha fatta, King Eric Cantona; Audiard mostra un 19enne schiacciato dall'emarginazione di una società razzista e classista. Sam Raimi fa nascere il suo horror da un mutuo, si capisce quanto la recessione attuale abbia invaso Cannes. Artisticamente, ma non solo. Scendendo al Marchè, si può toccare con mano: Adriana Chiesa, tra le più attive al mercato, ha sì venduto Tutta la vita davanti di Virzí in Germania e in Russia, dove andrà anche Feisbùm, ma lamenta un trend discendente.
Raitrade sembra più soddisfatta, forte delle vendite di Ex (in Spagna, Australia, Brasile, Messico, Germania, Messico, Cile, Honk Kong, Taiwan e Corea) e Fortapásc (Scandinavia, Grecia, Francia). E forte è andato il nuovo progetto di Marco Amenta ( Il banchiere dei poveri, biopic su Muhammad Yunus, Nobel per l'invenzione del microcredito) e, all'Atelier, Andrea Segre ha entusiasmato i produttori internazionali con Shun Li e il poeta, con Erri De Luca e Marco Paolini (anche coproduttore). Si è comprato pochissimo (Bim e Lucky Red si erano già mosse per tempo): Vengeance di Johnnie To alla Fandango,l'americano indipendente Humpday e il romeno collettivo.
Le leggende dell'oro all'Archibald. Ma la vera miniera d'oro, il belga La merditude des choses, per ora non ha trovato estimatori tricolori. Nonostante il guerrilla marketing geniale dei suoi attori, disposti persino a correre in bici nudi sulla Croisette per il loro film.
Altro segnale della crisi: non più campagne pubblicitarie colossali e costose, ma idee. Bombe di gomma, elefantini, spille di una fantomatica lega per la difesa degli alieni emarginati: si è visto di tutto.